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In questo racconto il tema del doppio riveste un ruolo di grande importanza come avviene nella commedia di Plauto, l'Anfitrione, ma tra le due opere vi sono enormi differenze.
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Innanzi tutto nel Narciso il doppio non è un'altra persona distinta dal protagonista, ma è la persona stessa o meglio la sua immagine riflessa nella fonte che funge da specchio (nell'antichità si credeva che esso avesse il potere di sottrarre una parte dell'anima alle persone che vi si riflettevano, rubando così la loro identità e il loro aspetto). Invece nell'Anfitrione il doppio (rappresentato da Mercurio) è un'entità completamente distinta dall'originale (Sosia) con cui ha in comune solo l'aspetto fisico, ma non il carattere e gli atteggiamenti.
Anche l'atteggiamento nei confronti dei due doppi è notevolmente differente: Sosia in un primo momento è terrorizzato dalla presenza di un altro se stesso, perché ritiene che questo potrebbe rubargli l'identità, sempre che non l'abbia già fatto; anche quando in seguito si rallegra davanti alla possibilità di poter avere un'altra vita, sa comunque che queste due entità che alla fine sono la stessa persona non possono coesistere. Narciso, invece, è proprio questo che cerca: egli non rifugge dall'immagine di se stesso che gli si para davanti e non ne è nemmeno spaventato (atteggiamento che sarebbe stato comprensibile in quella società); visto che si è innamorato del proprio riflesso, quello che cerca è proprio di poter vivere con lui, anche se si rende conto che questo non è possibile. Il problema centrale del mito è proprio questo: l'amore impossibile.
Il doppio passa quasi in secondo piano davanti allo s
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