sabato 27 ottobre 2007

Biografia del pittore veneziano "Canaletto"


Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto






































GIOVANNI ANTONIO CANAL DETTO IL CANALETTO (Venezia, 1697 - id., 1768)
C
analetto si formò alla bottega del padre, dove collaborò alla creazione di scenografie teatrali. Ma presto iniziò a dipingere vedute raffiguranti paesaggi urbani, che furono principalmente quelli della sua città natale. In questo nuovo genere di pittura, il cui rappresentante era a quei tempi a Roma Pannini (1691 ca - 1765), e il cui lontano precursore era stato, a Venezia, Gentile Bellini, si cimentavano anche Luca Carlevarjis (1655-1731) e un temibile rivale: Francesco Guardi. È facile contrapporre la fantasia, la sensibilità, il tocco vibrante di Guardi all'impassibile visione di Canaletto, alla sua abilità meticolosa e volontariamente impersonale. Una prospettiva rigorosa, la cui perfezione tradisce l'impiego della camera oscura, ordina lo spettacolo veneziano dei canali e dei palazzi, cui l'ambientazione luminosa conferisce un tono di poesia soffusa. I contrasti chiaroscurali, che segnano la successione dei piani, e le numerose piccole figure, talvolta raccolte con il pretesto di qualche festa, animano la composizione e danno un'idea della dimensione degli edifici. Il successo consentì a Canaletto di assicurarsi la collaborazione di una bottega, come è possibile notare da numerose sue opere. Alcune vedute tuttavia appaiono più personali, come per esempio Chiesa della Carità dal laboratorio dei marmi di San Vitale, considerata il suo capolavoro (National Gallery, Londra). All'inizio italiana, la clientela di Canaletto fu poi essenzialmente inglese. Il console John Smith fu il suo «impresario» presso i collezionisti interessati alle vedute veneziane, spesso come ricordo di un viaggio. L'artista ebbe rapporti ancor più stretti con l'Inghilterra, dopo avervi soggiornato a lungo per tre volte, nel periodo tra il 1746 e il 1755. Rappresentò la campagna inglese con la stessa minuziosità e il senso dello spazio dimostrati a Venezia; seppe rendere, con l'impasto trasparente dei colori, la luminosità diffusa dei paesaggi. Dipinse anche vedute di Londra, di Oxford, di Cambridge, di Windsor, ecc., che si trovano in numerose collezioni inglesi. Canaletto praticò l'arte del capriccio, dipingendo insiemi architettonici compositi o immaginari. È curioso constatare che proprio un quadro realizzato secondo questo genere pittorico, e non una veduta realista, gli consentì, nel 1763, di entrare a far parte dell'accademia di pittura della sua città natale. Canaletto eseguì anche alcuni disegni a penna, molto luminosi che sono serviti come studio per i dipinti. Le acqueforti, che costituiscono una raccolta di vedute di Venezia e dintorni, commissionategli da John Smith, rivelano, più di ogni altra opera, la sensibilità dell'artista. Una Venezia scenografica e affascinante, riflessa nell'acqua che si muove di continuo dando alla città una sensazione di perenne movimento e che, durante il Settecento attirava viaggiatori da ogni parte d'Europa desiderosi di ammirare le vestigia del passato e di portare con sé ricordi di quanto avevano veduto. Già gli artisti italiani dell'epoca erano famosi all'estero per la loro abilità quali decoratori di interni, per gli stucchi e gli affreschi capaci di trasformare qualunque salone in un ambiente fastoso. A Venezia, in particolare, sorse una scuola di pittura proprio per accontentare le richieste dei visitatori stranieri. Canaletto, in questo ambito, ebbe il grande merito di inserire il «vedutismo» veneziano nel cuore della cultura illuministica, della ragione che trionfa sul secolo delle ciprie e delle parrucche. Dopo il periodo giovanile del chiaroscuro elaborò una pittura che si basava da un lato sul colore dalle tonalità più diverse, comunque già cariche di luce, e dall'altro sull'uso della prospettiva quale elemento scientificamente semplificatore. Usò la prospettiva non per creare un'immagine che si allontana bensì un'immagine che si avvicina. Il punto di fuga all'orizzonte non respinge nel mare della distanza i palazzi e i canali, il paesaggio, ma sembra sospingerli verso chi guarda, in primo piano. Questa intuizione raggiunse il massimo dell'efficacia con le vedute inglesi, che per lungo tempo sono state considerate inferiori alle vedute veneziane: la critica più recente ha invece ribaltato la valutazione, almeno per quanto riguarda la tecnica pittorica. Certo, il fascino di Canaletto, il suo nome e la sua opera sono indissolubilmente legati alla città natale, al punto da potersi chiedere se egli sarebbe stato altrettanto grande qualora non avesse mai potuto conoscere Venezia. La superba e prospera Venezia, che infiniti traffici legavano all'Oriente, era stata a suo tempo più lenta degli altri centri italiani ad accettare lo stile rinascimentale e l'applicazione brunelleschiana delle forme classiche restituite all'architettura. Ma, una volta accettata la nuova moda e il nuovo stile, vi aggiunge di suo una gaiezza e un calore che evocano la grandiosità delle famose città mercantili del periodo ellenistico da Alessandria ad Antiochia. Mentre l'atmosfera lagunare, che sembra sfumare i contorni troppo netti delle cose e fondere il loro colore in una luminosità diffusa, insegna ai pittori veneziani a usare il colore forse con maggiore consapevolezza e attenzione di quanto avessero mai fatto in passato i pittori sia nel resto dell'Italia sia all'estero. Canaletto approfondisce le ricerche sulla prospettiva dando nuove dimensioni e possibilità al genere paesaggistico. Egli non inventa, piuttosto risolve il problema con accenti molto personali. Prima di lui il già citato Carlevarijs, figlio di un matematico, nel dilemma tra veduta esatta e veduta di fantasia aveva rifiutato di usare la prospettiva solo come mezzo di illusione spaziale. Canaletto ordinò e approfondì, conservando un primato di rigore anche nella considerazione dei contemporanei, che sotto questo profilo lo preferirono al grandissimo virtuoso Francesco Guardi (1712-93). Suo nipote, Bernardo Bellotto, chiamato anch'egli il Canaletto, (Venezia, 1720 - Varsavia, 1780), fu suo discepolo ma ben presto si allontanò dallo stile dello zio, come è dimostrato dallo stile delle vedute dell'Italia settentrionale. Sviluppò la sua arte lontana dalla patria, presso le corti dell'Europa centrale. Dal 1747 fino alla morte lavorò a Dresda, a Vienna, a Monaco e infine si stabilì a Varsavia a servizio del re di Polonia. Nelle vedute di queste città, generalmente di grande formato, l'esigenza di precisione è spinta all'estremo come in Canaletto, e i magnifici ordini dell'architettura barocca sono rappresentati, come le folle che li animano, con tale profusione di dettagli da dare l'illusione della realtà. L'aspetto vetrificato dell'impasto è caratteristico di Bellotto, come la luce fredda, che evoca a meraviglia quella dell'Europa centrale.













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