Dervisci
Col termine dervisci (in persiano e arabo darwīsh, lett. "povero", la cui etimologia resta sostanzialmente sconosciuta) si indicano i discepoli di alcune confraternite islamiche ( turuq ) che, per il loro difficile cammino di ascesi e di salvazione, sono chiamati a distaccarsi nell'animo dalle passioni mondane e, di conseguenza, dai beni e dalle lusinghe del mondo. Si tratta di un termine afferente a molte generiche confraternite islamiche sufi, anche se tendenzialmente ci si riferisce alla ṭarīqa della Mawlawiyya/Mevleviyè. I dervisci sono asceti che vivono in mistica povertà, simili ai frati mendicanti cristiani.
Origine del termine Darwīsh in lingua farsi significa letteralmente "cercatore di porte". In campo mistico il termine, più ancora che "mendicante" ha acquistato il significato di colui che cerca il passaggio, la soglia, l'entrata che porta da questo mondo materiale ad un paradisiaco mondo celestiale. Il termine generalmente si riferisce a un asceta mendicante oppure ad un temperamento ascetico di colui che è indifferente alle cose materiali.
Il fenomeno dell'ascetismoIl fenomeno è tipico di tutti i percorsi ascetici mistici, sia ebraici, sia cristiani, sia buddisti, sia induisti.
In campo islamico alcune confraternite fanno della povertà il loro abito fisico e spirituale, utile ad allontanare qualsiasi vana tentazione di affermazione del proprio Io, a fronte dell'Unico Esistente, Dio. Fra essi, in particolare, la Mawlawiyya (in Turco Mevleviyè), fondata dal grande sufi e poeta Jalāl al-Dīn Rūmī nel XIII secolo o la ormai scomparsa Qalandariyya o la Khalwatiyya.
La prima - che ebbe anche importanti funzioni liturgiche nelle cerimonie d'incoronazione dei Sultani ottomani - è particolarmente nota nelle aree non di cultura islamica per la spettacolare cerimonia dei cosiddetti "dervisci rotanti" che, nella loro ricerca dell'estasi che li avvicina a Dio, ruotano a lungo su se stessi sotto la guida di un loro pir (lett. "vecchio") che, in turco, è chiamato talora dede (nonno).
Il sufismo
Questi praticanti del Sufismo erano considerati dei saggi. Molti dervisci sono mendicanti che si sono votati alla povertà, alcuni hanno scelto di mendicare mentre altri lavorano, per esempio i Qadiriyya egiziani sono dei pescatori.
Esistono varie confraternite sufi, quasi tutte hanno avuto origine da un santo o un maestro musulmano come ʿAlī e Abū Bakr, rispettivamente quarto e primo califfo musulmano. Vivono in comunità monastiche simili a quelle cristiane.
L'Ordine dei Mevlevi, in Turchia, pratica la celebre danza turbinante come metodo per raggiungere l'estasi mistica (jadhb, fanāʾ). Le danze sacre sono la più antica forma di trasmissione dei "misteri" che sia pervenuta all'uomo dall'antichità, e coloro che sono ammessi a un tale esercizio passano attraverso un insegnamento speciale che prevede una lunga preparazione.
Oltre alla danza roteante esistono altri tipi di danze, tutte caratterizzate dalla grande attenzione particolari apparentemente insignificanti. Nel loro apprendistato i futuri Dervisci vengono addestrati dai sapienti monaci con tecniche molto raffinate; una di queste prevede l'utilizzo di un marchingegno molto curioso, in tutto e per tutto simile ad un albero: dalla sua base, generalmente in legno, si dipartono due o più rami dai quali a loro volta se ne dipartono altri ancora, e così via per un numero preciso di volte; ogni segmento è collegato all'altro tramite delle sfere, in genere d'avorio, risultando così un meccanismo affine a quello delle articolazioni scheletriche, capace di assumere numerose combinazioni di posizioni. Coll'ausilio di questo speciale strumento i monaci mostrano le posizioni che i discepoli dovranno imitare e sostenere per svariate ore, completamente immobili, con l'obiettivo di imparare a "sentirle" dentro se stessi.
A questo generalmente si aggiungono delle operazioni mentali da svolgere durante l'esercizio in una determinata successione. Le danze sufi sono molto complesse e necessitano di anni di lavoro per poter essere apprese. La cosiddetta danza roteante o turbinante è una di queste e quella pubblicamente esposta ne è una forma incompleta. In certe tekkè (luoghi di raduno delle confraternite) si è tramandata l'usanza di eseguire queste danze e i più anziani le considerano equivalenti a libri nei quali leggono i misteri del tempo antico. Un approccio simile è rintracciabile nelle danze sacre indiane dove, per fare un esempio, una posizione con la mano rivolta verso il basso anziché verso l'alto e con i piedi orientati in una precisa direzione, deve trasmettere delle informazioni esatte e per questo il pubblico deve essere addestrato alla comprensione della danza, comprensione che in questo caso non può essere lasciata all'impressione soggettivamente suscitata.
Contemporaneamente alla rappresentazione, un Derviscio compie un particolare esercizio interiore che ha il fondamentale compito di accelerare complessivamente la frequenza del ritmo di lavoro del proprio organismo, e impedire allo stesso tempo di creare squilibri tra le varie parti del corpo, specialmente tra il centro di "coordinazione motoria", il centro "intellettivo" e quello "emozionale". Dopo anni di esperienza, orientando i propri sforzi in questa direzione, pare che un Derviscio acquisisca una speciale proprietà fondata sull'equilibrio raggiunto dall'attività del proprio organismo che prende la forma di uno stato di "super-coscienza" e raggiungibile per attimi via via sempre più duraturi, col fine di renderlo uno stato permanente. Questa è chiamata la "Comunione con Allah". La differenza tra le danze dei Dervisci e quelle rituali afro-americane consiste maggiormente nel fatto che l'obiettivo di queste ultime è l'entrata in uno stato alterato di coscienza scatenato dall'ossessività dei movimenti sincopati dal suono, all'interno del quale il danzatore non ha alcun controllo su di sé, né cognizione delle circostanze creando però, secondo le credenze, un contatto speciale con le "forze superiori".
I dervisci roteanti a volte non sono altro che danzatori che fanno degli spettacoli per turisti, soprattutto in Turchia, così come i fachiri in India. A questo proposito è utile sottolineare che mentre un tempo in Oriente si sviluppò una religione cosiddetta del "pensiero", e in Occidente una religione fondata sulla Fede, ovvero sul "sentimento", nel Sud del mondo la religione, nelle sue varie forme, ha sempre assunto un carattere più fisico, dove il "Corpo" era il punto di partenza. Spesso infatti si afferma che un vero Fachiro e un vero Derviscio siano in sostanza la stessa cosa ovvero, da questo punto di vista, due esempi di lavoro religioso incentrato sul corpo fisico.
I Rifāʿi, sono dervisci che sovente si esibiscono in pubblico, nei paesi islamici, facendosi trapassare da coltelli, ferri infuocati o inghiottendo carboni ardenti. Spesso sono rinomati come guaritori di morsi di serpenti o di scorpioni.
Vi sono anche altri gruppi che cantano versi del Corano, suonando tamburi e danzando in gruppi; e altri gruppi invece che prediligono la meditazione silenziosa, questi sono per lo più i gruppi sufi dell' Asia meridionale.
Col termine dervisci (in persiano e arabo darwīsh, lett. "povero", la cui etimologia resta sostanzialmente sconosciuta) si indicano i discepoli di alcune confraternite islamiche ( turuq ) che, per il loro difficile cammino di ascesi e di salvazione, sono chiamati a distaccarsi nell'animo dalle passioni mondane e, di conseguenza, dai beni e dalle lusinghe del mondo. Si tratta di un termine afferente a molte generiche confraternite islamiche sufi, anche se tendenzialmente ci si riferisce alla ṭarīqa della Mawlawiyya/Mevleviyè. I dervisci sono asceti che vivono in mistica povertà, simili ai frati mendicanti cristiani.
Origine del termine Darwīsh in lingua farsi significa letteralmente "cercatore di porte". In campo mistico il termine, più ancora che "mendicante" ha acquistato il significato di colui che cerca il passaggio, la soglia, l'entrata che porta da questo mondo materiale ad un paradisiaco mondo celestiale. Il termine generalmente si riferisce a un asceta mendicante oppure ad un temperamento ascetico di colui che è indifferente alle cose materiali.
Il fenomeno dell'ascetismoIl fenomeno è tipico di tutti i percorsi ascetici mistici, sia ebraici, sia cristiani, sia buddisti, sia induisti.
In campo islamico alcune confraternite fanno della povertà il loro abito fisico e spirituale, utile ad allontanare qualsiasi vana tentazione di affermazione del proprio Io, a fronte dell'Unico Esistente, Dio. Fra essi, in particolare, la Mawlawiyya (in Turco Mevleviyè), fondata dal grande sufi e poeta Jalāl al-Dīn Rūmī nel XIII secolo o la ormai scomparsa Qalandariyya o la Khalwatiyya.
La prima - che ebbe anche importanti funzioni liturgiche nelle cerimonie d'incoronazione dei Sultani ottomani - è particolarmente nota nelle aree non di cultura islamica per la spettacolare cerimonia dei cosiddetti "dervisci rotanti" che, nella loro ricerca dell'estasi che li avvicina a Dio, ruotano a lungo su se stessi sotto la guida di un loro pir (lett. "vecchio") che, in turco, è chiamato talora dede (nonno).
Il sufismo
Questi praticanti del Sufismo erano considerati dei saggi. Molti dervisci sono mendicanti che si sono votati alla povertà, alcuni hanno scelto di mendicare mentre altri lavorano, per esempio i Qadiriyya egiziani sono dei pescatori.
Esistono varie confraternite sufi, quasi tutte hanno avuto origine da un santo o un maestro musulmano come ʿAlī e Abū Bakr, rispettivamente quarto e primo califfo musulmano. Vivono in comunità monastiche simili a quelle cristiane.
L'Ordine dei Mevlevi, in Turchia, pratica la celebre danza turbinante come metodo per raggiungere l'estasi mistica (jadhb, fanāʾ). Le danze sacre sono la più antica forma di trasmissione dei "misteri" che sia pervenuta all'uomo dall'antichità, e coloro che sono ammessi a un tale esercizio passano attraverso un insegnamento speciale che prevede una lunga preparazione.
Oltre alla danza roteante esistono altri tipi di danze, tutte caratterizzate dalla grande attenzione particolari apparentemente insignificanti. Nel loro apprendistato i futuri Dervisci vengono addestrati dai sapienti monaci con tecniche molto raffinate; una di queste prevede l'utilizzo di un marchingegno molto curioso, in tutto e per tutto simile ad un albero: dalla sua base, generalmente in legno, si dipartono due o più rami dai quali a loro volta se ne dipartono altri ancora, e così via per un numero preciso di volte; ogni segmento è collegato all'altro tramite delle sfere, in genere d'avorio, risultando così un meccanismo affine a quello delle articolazioni scheletriche, capace di assumere numerose combinazioni di posizioni. Coll'ausilio di questo speciale strumento i monaci mostrano le posizioni che i discepoli dovranno imitare e sostenere per svariate ore, completamente immobili, con l'obiettivo di imparare a "sentirle" dentro se stessi.
A questo generalmente si aggiungono delle operazioni mentali da svolgere durante l'esercizio in una determinata successione. Le danze sufi sono molto complesse e necessitano di anni di lavoro per poter essere apprese. La cosiddetta danza roteante o turbinante è una di queste e quella pubblicamente esposta ne è una forma incompleta. In certe tekkè (luoghi di raduno delle confraternite) si è tramandata l'usanza di eseguire queste danze e i più anziani le considerano equivalenti a libri nei quali leggono i misteri del tempo antico. Un approccio simile è rintracciabile nelle danze sacre indiane dove, per fare un esempio, una posizione con la mano rivolta verso il basso anziché verso l'alto e con i piedi orientati in una precisa direzione, deve trasmettere delle informazioni esatte e per questo il pubblico deve essere addestrato alla comprensione della danza, comprensione che in questo caso non può essere lasciata all'impressione soggettivamente suscitata.
Contemporaneamente alla rappresentazione, un Derviscio compie un particolare esercizio interiore che ha il fondamentale compito di accelerare complessivamente la frequenza del ritmo di lavoro del proprio organismo, e impedire allo stesso tempo di creare squilibri tra le varie parti del corpo, specialmente tra il centro di "coordinazione motoria", il centro "intellettivo" e quello "emozionale". Dopo anni di esperienza, orientando i propri sforzi in questa direzione, pare che un Derviscio acquisisca una speciale proprietà fondata sull'equilibrio raggiunto dall'attività del proprio organismo che prende la forma di uno stato di "super-coscienza" e raggiungibile per attimi via via sempre più duraturi, col fine di renderlo uno stato permanente. Questa è chiamata la "Comunione con Allah". La differenza tra le danze dei Dervisci e quelle rituali afro-americane consiste maggiormente nel fatto che l'obiettivo di queste ultime è l'entrata in uno stato alterato di coscienza scatenato dall'ossessività dei movimenti sincopati dal suono, all'interno del quale il danzatore non ha alcun controllo su di sé, né cognizione delle circostanze creando però, secondo le credenze, un contatto speciale con le "forze superiori".
I dervisci roteanti a volte non sono altro che danzatori che fanno degli spettacoli per turisti, soprattutto in Turchia, così come i fachiri in India. A questo proposito è utile sottolineare che mentre un tempo in Oriente si sviluppò una religione cosiddetta del "pensiero", e in Occidente una religione fondata sulla Fede, ovvero sul "sentimento", nel Sud del mondo la religione, nelle sue varie forme, ha sempre assunto un carattere più fisico, dove il "Corpo" era il punto di partenza. Spesso infatti si afferma che un vero Fachiro e un vero Derviscio siano in sostanza la stessa cosa ovvero, da questo punto di vista, due esempi di lavoro religioso incentrato sul corpo fisico.
I Rifāʿi, sono dervisci che sovente si esibiscono in pubblico, nei paesi islamici, facendosi trapassare da coltelli, ferri infuocati o inghiottendo carboni ardenti. Spesso sono rinomati come guaritori di morsi di serpenti o di scorpioni.
Vi sono anche altri gruppi che cantano versi del Corano, suonando tamburi e danzando in gruppi; e altri gruppi invece che prediligono la meditazione silenziosa, questi sono per lo più i gruppi sufi dell' Asia meridionale.
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